sabato 7 febbraio 2015

#shelfie2: ALESSIA GAZZOLA: UNA LUNGA ESTATE CRUDELE




Lo so da me: sarò la prima e probabilmente anche l'unica, a stroncare questo libro- il quinto romanzo di un'autrice per altro molto apprezzata dalla sottoscritta- a maggior ragione ora che la Rai ha annunciato la prossima serie televisiva e si alzerà unanime il coro di lodi, anche dai critici della prima ora.
Ma tanto ho difeso a spada tratta questa giovane scrittrice, fra i giallisti nudi e puri, quanto stavolta sono lì col pollice verso, su un altro romanzo fresco fresco di stampa che, more solito, ha scavalcato la fila dei libri sul comodino, reclamando quel posto in prima fila che da sempre riservo agli autori che amo.
Alessia Gazzola è fra questi- e non perchè sia l'erede della Cornwell (baggianata galattica, alla quale non crede più nessuno), ma perchè sarebbe potuta essere l'erede della Sophie Kinsella dei tempi migliori: prosa briosa, frizzante, di una che ha letto migliaia di libri, prima di decidersi a versare una sola riga di inchiostro, lavorando su un talento innato e su una altrettanto innata autoironia che hanno reso il personaggio di Alice Allevi, l'eroina imbranata dei suoi romanzi, una delle figure meglio centrate della narrativa italiana di questi ultimi anni.
Che il giallo viri al rosa, non è una novità: ma quella che per i puristi del genere è una gravissima colpa, per la sottoscritta- per la quale anche una giallista di assoluto spessore come la Mignon G. Eberhart era roba da picco glicemico, già alla scuola elementare- non è un problema. Sono anni che ci spacciano per "gialli" delle emerite schifezzee, tanto vale godersi un buona scrittura, quando te ne capita una.
E la Gazzola, sia detto, ha sempre scritto bene.
Anzi, benissimo. 
Perché solo chi scrive benissimo può rendere godibili situazioni e personaggi come i suoi, sempre al limite dell'inverosimile- le prime- o della caricatura- le seconde- senza mai perdere di credibilità e questo solo in nome di una padronanza sicura delle tecniche della narrazione e della scrittura tutta. Non a caso, si ride, nel leggere le peripezie di questa giovane anatomopatologa e il registro comico, si sa, è sempre a rischio di autogol clamorosi, se non si è più che bravi e attenti a non perdere il ritmo del racconto:basta un passo falso, per far crollare tutto

Stavolta, la Gazzola il passo falso lo fa.
Non tanto dal punto di vista del plot che, per molti versi, regge meglio dei precedenti, quanto proprio dal punto di vista della narrazione, cheè priva di quello smalto a cui l'autrice ci aveva abituato. E allora, ecco che le situazioni diventano impossibili, i personaggi stereotipati, le new entries solo abbozzate e quindi inutili e, quel che è peggio, quella che prima era una lettura piacevole, si trasforma in una occupazione fastidiosa. Si arriva alla fine, per carità, ed anche senza troppo sbuffare, ma il retrogusto è quello melenso e dolciastro di un Harmony.
Scritto meglio degli altri, ovviamente.
Ma sempre Harmony resta.
Lasciatelo lì.