martedì 27 gennaio 2015

49 VAGONATE DI CUORI, per dirvi grazie


Se qualcuno mi chiedesse a bruciapelo qual è il mese dell'anno che preferisco, probabilmente risponderei Gennaio. 
Di sicuro, è il 27, il mio numero portafortuna. 
Ed è l'Aquario (senza la c), il segno zodiacale che amo di più
E quando leggo il quadro astrale ingiallito, che mi era stato regalato secoli fa da un sedicente mago dell'astrologia, non posso che ringraziare le forze misteriose ed occulte che hanno spinto i pianeti a posizionarsi lì e non altrove, al momento della mia nascita. 
A farla breve, il 27 gennaio è una data che mi piace. C'è nato Mozart, è il  Giorno della Memoria, è il primo stipendio del nuovo anno, insomma: se mi avessero chiesto di scegliere quando venire al mondo, in uno qualsiasi dei 365 giorni di quel 1966, probabilmente avrei indicato questo- e nessun altro. 

Eppure, questo giorno di nove anni fa è stato il peggiore della mia vita. 
Lo spartiacque più maledettamente doloroso e ingiusto che il mio cuore e la mia mente potessero sopportare, un nuovo punto di partenza, tanto aborrito quanto obbligato, per una realtà troppo pesante, per poter pensare di riuscire ad andare avanti, per i compleanni a venire. 
Tant'è che, per anni, avevo deciso di non festeggiare. 

Col senno di poi, qualche mano pietosa mi ci stava preparando, a quell'evento. Da anni, intorno a quella data, si concentravano episodi sgradevoli e negativi: nulla di particolarmente grave, all'inizio, che però si strutturava in un crescendo, progressivo e inesorabile, culminato nella fredda stanza di un ospedale e in una morsa di gelo che mi paralizzava i sensi. 
E che mi impediva di pensare, se non nei termini di un rifiuto. 
E non potendo rifiutare il resto, rifiutavo di festeggiare. 

"ne ho sempre trentanove", dicevo, a chi mi chiedeva le ragioni di questo no, archiviando con una battuta argomenti su cui non volevo sentir discussioni, meno che mai insegnamenti di vita, da parte di chi traeva da una sorte favorevole l'odioso diritto di dimostrarti i tuoi errori. 
E chissà per quanto, sarei andata avanti in questo modo, se un giorno non avessi avuto l'idea di saltare quel fosso- di timidezza, di paura di non essere all'altezza, di "che-ci-faccio-qui" e tutto quello che fa le unghie mangiate della Van Pelt- e non mi fossi iscritta ad un forum di cucina. 
Da allora, tanta storia è pubblica- ed è quella sotto gli occhi di tutti. 
Ma la parte più vera, più intima, più sentita è quella che non si vede, ma, ovviamente, c'è. 
Ed è fatta di persone che definire "speciali" è un eufemismo da quattro soldi, in confronto allo spessore della loro intelligenza e alle infinite sfumature della loro sensibilità. Alla mano sempre tesa, alla spalla su cui piangere sempre pronta, al conforto che ti dà alzarsi al mattino e sapere che, qualsiasi cosa ti abbia portato la giornata che sta per iniziare, tu troverai sempre il calore del loro affetto, pronto a scaldarti il cuore e a farti dare un senso alle cose, anche a quelle più storte.
Questo è il "segreto del mio successo" sul web. 
Il segreto di un gioco che dura.
Il segreto di una foodblogger senza blog. 
Il segreto di una teoria senza fine di idee strampalate, che partono zoppicanti e sgarrupate e che poi imboccano sempre la strada giusta. 
Non sono io- ma le persone che mi stanno attorno. 
Che hanno deciso di regalarmi la loro amicizia e che, come capita sempre, alle persone del genere, non mi hanno imprigionata nel loro affetto, ma hanno spalancato le porte a chiunque volesse unirsi a noi, in un circolo sempre più ampio di "corrispondenze di amorosi sensi" che , a sua volta, ha creato altri rapporti, altri legami, altri affetti. 
E che, neanche a dirlo, hanno deciso di riconciliarmi col mio compleanno. 

Da quel 29 gennaio del 2006 ad oggi, sono passati nove anni. 
E almeno 5, sono stati scanditi da sorprese che, pur cogliendoti alle spalle, avevano ben altro sapore della pugnalata di quel maledetto quarantesimo. Da feste a sorpresa, che radunavano amici sparsi dovunque, a catene di auguri, con biglietti meravigliosi, uno dei quali sta nel cassetto dei ricordi importanti, quello più vuoto per gli occhi e più pieno per il cuore, a regali inaspettati e a pensieri sempre così centrati che ostinarsi a non festeggiare sarebbe stato, ancor prima che impossibile, oltremodo ingiusto. 

Oggi compio 49 anni- e li compio a Singapore, da sola. 
Mio marito è in una specie di missione all'estero e, anche se le date precise sono state definite quando ormai ero qui, non avevo dubbi che il 27 gennaio ci sarebbe finito dentro. Certi retaggi son duri da cancellare, mettiamola così, ma ormai le cose sono talmente cambiate che ho preso la notizia con filosofia. 
Neppure ho spaccato il wok in testa all'ingegnere, che ha espresso il suo rammarico per la partenza con un "perchè non me l'hai detto?" che la dice lunga su che cosa si intenda per "cervello in fuga" quando si parla di lui. 
"mi regalerò una giornata in una spa", mi son detta, programmandomi tutto alla perfezione, dal riflessologo al massaggio zen, partendo ovviamente da una mattinata a poltrire, fra libri e condizionatori e le prime ore sonnolente della via della movida singaporiana nella quale abitiamo, rigorosamente al primo piano. 

Mi ha svegliata il cellulare, con un primo bip che sembrava un messaggio, al quale ha fatto seguito un altro e un altro e un altro ancora, in un susseguirsi di auguri che mi hanno lasciato imbambolata e stordita e immensamente grata a quanti di voi (e siete tantissimi) hanno ordito questa festa a sorpresa che del virtuale ha solo i mezzi: perchè per il resto "arriva" e intontisce e commuove, quanto e se non più delle emozioni reali. 

Io non lo so, in quanti sarete: vi dico solo che mi hanno assicurato che ci sarà un elenco, in modo che possa passare da ciascuno di voi a ringraziarvi tutti, e la cosa, lungi dal tranquillizzarmi, mi sta facendo tremolare, come un budino. 
Ma se scrivo queste righe, è solo perchè ho bisogno di sfogare un po' dell'emozione di cui mi avete inondato la casa, stamattina, al risveglio, quando ho aperto gli occhi non su un residence un po' anonimo e su un letto vuoto, ma su un affetto che mi avete permesso, per l'ennesima volta, di toccare con mano.
Quello che annienta le distanze, frantuma i fusi orari, se ne frega del tempo e dello spazio e di tutto ciò che ci sta in mezzo, compresi i malintesi, le incomprensioni, i confronti che altrove ergono barriere e qui rinforzano legami. 
Quello che si fa sentire, forte e chiaro, in tutti i giorni dell'anno. 
Ma che oggi  mi fa celebrare il  mio compleanno non più come giorno del dolore, ma come giorno della ricompensa, con il cuore gonfio della gratitudine di chi sa di aver trovato in voi il balsamo per lenire le sue ferite e riconciliarsi con la sua vita.

Un grazie che inizia e non finisce...
Ale