lunedì 19 agosto 2013

Diego De Silva- Sono contrario alle emozioni




Mettiamola così: ci sono libri di cui l'umanità potrebbe fare volentieri a meno. Ma ci sono autori a cui ciascun lettore dell'universo mondo, senza esclusioni significative di sorte, tributa il proprio grazie, ogni volta che si imbatte nei loro scritti.
De Silva rappresenta l'anello di congiunzione di questi due estremi: i suoi libri non sono quei capolavori senza i quali tu non saresti quello che sei- e meno che mai lo è quest'ultima sua fatica letteraria, un onesto divertissement in cui la trama è così sottile da trasformarsi in un manifesto pretesto.
Nello stesso tempo, ben vengano questi pretesti, se il risultato è un susseguirsi di singoli pezzi di bravura, che si inanellano l'uno dietro l'altro, tenendoti avvinto alla pagina come se stessi leggendo un romanzo d'azione, ora intenerendoti come sulle pagine di una storia d'amore, ora esplodendo in qualche incontenibile risata- che contieniti, Ale, che davanti a tutti non si fa.
Insomma, se non si fosse capito, a me De Silva piace. Mi piace per questo suo sguardo sul mondo e dentro se stesso, in cui la tentazione del piangersi addosso è sempre tenuta a freno da una pungente autoironia; mi piace per la sua capacità di sdoganare le pecche della mia generazione, quelli con l'Ipod fighetto con dentro le canzoni di Peppino di Capri, con i massimi sistemi di default, che sì, va bene la serata ggiovane a non parlare del più e del meno, ma vuoi mettere il rimbambirsi di chiacchiere esistenziali su tutti i mali del mondo, che da qualsiasi parte si arriva sempre lì- alla tua vita, a i tuoi errori, a quei libri contabili che lo sapevi che era meglio non aprire, ma tant'è. E mi piace per questo scandagliare la "sintassi dei sentimenti" fermandosi sempre al momento giusto- cioè un attimo prima di cadere nell'autocommiserazione o nell'autocompiacimento.
Le critiche dei lettori a questo libro sono state impietose: in assenza di una vera e propria trama, lo si è considerato come un puro esercizio di stile, slegato e sconnesso, volto più ad arricchire le tasche dell'autore che non la mente di chi legge. Al solito, tutto dipende da che cosa si ricerca in un romanzo. Per una come me, che macina km di pagine tutte in fila, con uno stile così piatto che al confronto la Piacenza Brescia son le montagne russe, poter assaporare una prosa cesellata, perfettamente ritagliata sulla situazione (immediata nei dialoghi, sempre felice nelle battute ad effetto, ben dosata nelle introspezioni, sempre capace di sorreggere il contenuto, in un sempre più raro equilibrio fra forma e sostanza) vale qualunque prezzo: anche quello di una trama che non c'è.
Ampiamente compensata dai pezzi sulle canzoni della Carrà (tutti da antologia) o dalla descrizione delle donne in aereoporto, a maggior ragione se la lettura del brano avviene proprio nella sala d'imbarco di uno di questi, dopo che tu hai appena replicato tutti i gesti, nessuno escluso, che l'autore ha appena descritto, in modo così lucido e così bastardo.
Insomma, se non si fosse capito, io di De Silva leggerei pure la lista della spesa. Perchè so che sarebbe una buona lettura. Anche se comprasse i quattro salti in padella....

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