lunedì 19 agosto 2013

Aimèe Bender- L'inconfondibile tristezza della torta al limone



cos'è che si diceva, giusto ieri, di libri con un plot fortissimo e una scrittura pessima, che finscono comunque per tenerti avvinghiata alle pagine, dalla prima all'ultima riga? Ecco: invertite l'ordine dei fattori e il risultato non cambierà. Almeno, non se il romanzo in questione è L'Inconfondibile Tristezza della Torta al Limone, ultima fatica di quella Aimèe Bender che si era conquistata l'amore del pubblico anni fa, con l'altra meravigliosa chicca di Un segno Invisibile e mio. A distanza di dieci anni, l'autrice ritorna con questa storia che ruota attorno ad una bambina, Rose, che a nove anni si accorge all'improvviso che il sapore del cibo è cambiato: le ci vorrà un po' di tempo per capire che è il sapore dei sentimenti delle persone che lo hanno preparato, quello che sente e che trasforma una fetta morbida e profumata di una torta al limone in un disgustoso concentrato di tristezza sorda e antica, e questo darà il via ad una trama fatta di piccoli e grandi segreti,in un inno delicato e gentile al male di vivere che definisce tutti i protagonisti della storia.
Fosse stato Stephen King, ne avrebbe fatto un horror straordinario. Siccome,invece, è la Bender, ecco venir fuori un viaggio nei sentimenti, o meglio: una degustazione dei sentimenti, che investono la bambina al primo morso, senza alcun filtro e che lei impara, giorno dopo giorno, a scindere e a scomporre, unico antidoto ad un travolgimento altrimenti fatale. Accanto alle emozioni, ci sono le verità nascoste, segreti che vengono svelati alle papille di Rose e che, di nuovo, la protagonista deve imparare a gestire e che imprimono un'accelerazione forte ad un processo di crescita che la rende immensamente diversa dagli altri e immensamente cara.
Al centro della trama, un'altra rivelazione sconvolgente, su cui è d'obbligo tacere. Laddove invece mi diffondo ancora un po' è sulla perfetta concezione dell'opera, che non ha sbavature di alcun genere- cosa difficilissima, trattandosi di materia rischiosa come i sentimenti umani. Aver affidato il racconto ad una bambina è un espediente intelligente, che scherma da possibili cadute nella retorica e semplifica, quasi scarnfica, questioni complicate come il tradimento e la diversità: non so su quali romanzi si sia formata la Bender, ma se dovessi scegliere fra Il Buio oltre la Siepe e Il Giovane Holden punterei qualcosa sul primo, da tanto Rose mi ha ricordato Scout, nel suo approccio diretto e limpido ai problemi dell'umanità e del mondo. Che, questa volta, si spinge fino ai confini del soprannaturale, in un magistrale equilibrio fra razionalità e mistero, fra ordine e disordine, fra tranquillità e terrore- e non è un caso che abbia citato King, all'inizio, visto che ce l'ho avuto in mente dalla terza pagina in poi. Ma se King non avrebbe esitato a virare nel recinto della paura, la Bender sprofonda nell'abisso del sentimento, sezionandolo con la precisione di un sommelier e trascinandoci con lei in questo modo diverso di vedere le cose, in un coinvolgimento che smette da subito i panni dell'estranietà e ci rende tutti compagni di Rose nel percorso su cui l'ha spinta la vita: deformato e deforme, ma non per questo meno profondo e vero.
Da ombrellone e da fazzoletti.
Alla prossima puntata
Ale

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