domenica 28 marzo 2010

Brendan O'Carroll- Agnes Browne Ragazza


Non ti lascerò mai, Connie,
e dovunque tu vai, donna, cammina piano,
perchè porti con te il cuore di quest'uomo


L'unica volta in cui sono stata in Irlanda ero intorno ai vent'anni: erano gli anni di Mrs. Tatcher, dell'edonismo reaganiano, degli scontri sociali, della deregulation, della crisi del comunismo e del trionfo del consumismo, di tutte le grandi trasformazioni che fecero di quell'epoca un'epoca ,ma di cui a me, allora, importava ben poco: a vent'anni, si sa, si ha lo sguardo nel futuro, ed io non facevo eccezione: avevo una tesi da finire, un fidanzato da dimenticare e la ferma determinazione di godermi al massimo quelle tre settimane di vacanza, nel Paese più magico d'Europa.
E così è stato, anzi: nel bagagliaio dei ricordi, è la valigia con lo shamrock quella più piena e più vivida: ci sono gli spruzzi di rosa sul verde delle colline, i messaggi criptati nei ricami dei maglioni, gli studios degli U2, la casa di Oscar Wilde, il soda bread a colazione, l'Irish stew per la cena, il "chi ne ha di più" dei sottobicchieri della Guinness, la foto di rito alla St. Kevin Cross che sennò resto zitella, il vento delle Aran, il silenzio del Connemara, la copia dell'Ulisse su un muretto a secco, i versi di Yeats al terzo Irish Coffee, le messe del mattino, i pub della sera, i capelli rossi e le magliette verdi, i violini e le street band e una carta d'identità sbiadita, con tre segni rossi e una freccia, ad indicare in quell I'm older than 21, il lasciapassare per la sola vita che allora contasse.

L'unica nota fuori posto era il ricordo del rituale dei pomeriggi in Grafton Street quando, all'apertura dei negozi, tranquilli signori di ogni erà si accomodavano di fronte alle varie vetrine, tenendo in mano l'insegna della bottega alle loro spalle. Quando chiesi informazioni, mi venne spiegato che si trattava di un ingegnoso escamotage per salvare capra e cavoli: di qui, i negozianti che non potevano permettersi l'imposta sulle insegne, di là uno stuolo di disoccupati che doveva sbancare il lunario e, in mezzo, la via principale di Dublino disseminata di seggiolini portatili e cartelli in stile sit in che, anzichè alla pace o alla rivoluzione, invitavano a mangiare gli scones da Paddy's e a comprare le gonne da Miss O'Hara.
Confesso che, sul momento, trovai la cosa divertente: ma fu solo qualche tempo dopo, con la laurea nel cassetto e il fidanzato nel dimenticatoio, che al sorriso divertito subentrò un sentimento diverso: di una rabbia sorda per le ingiustizie della storia, di compassione per il cieco accanimento della malasorte e di ammirazione- immensa, assoluta, sconfinata - per il modo con cui gli Irlandesi avevano affrontato le loro disgrazie, unendo al coraggio, all'abnegazione e alla dignità che con cui molti altri popoli hanno reagito agli schiaffi della storia, il tratto tutto peculiare del sereno distacco e della dissacrante ironia.
E fu solo quando lessi Le Ceneri di Angela di Frank Mc Court che ogni tassello tornò al suo posto ed anche quei fieri sandwich men divennero gli ultimi protagonisti di un'epopea struggente ed intensa, all'interno della quale la storia di Agnes Browne occupa, di diritto, un posto d'onore.
Sia chiaro: il paragone con il capolavoro di Mc Court termina qui, non solo perchè lo stile, la materia i personaggi e l'impronta narrativa delle due opere sono del tutto diverse, ma anche e soprattutto perchè i romanzi di Brendon O'Carroll non hanno nulla da invidiare a chicchessia, anzi: la tipicità delle storie e dei personaggi di questa saga è tale da metterle al riparo da qualsiasi confronto, come conviene a tutti i capolavori, grandi o piccoli che siano.

L'infanzia di Agnes Browne è un affondo diretto nell'Irlanda delle lotte politiche e sociali degli inizi del secolo scorso, dalle militanze nella Fratellanza della Repubblica d'Irlanda alla nascita del sindacato e al risveglio della coscienza operaia che, nella famiglia della protagonista si vivono in maniera amplificata: prima di sposarsi, infatti , Agnes Browne era Agnes Reddin, di Constance Parker Wills, erede delle omonime Fonderie e di Bosco Reddin, figlio di un eroe dei Sinn Fein e anima del sindacato della fabbrica del suocero. Il quale, ovviamente, non esiterà un attimo a ripudiare la figlia che, dal canto suo, si voterà per la vita al marito, adattandosi a vivere nel quartiere più popolare di Dublino e a fare i salti mortali per far quadrare il bilancio, ricompensata dei suoi sacrifici dall'amore per un uomo leale, onesto, carismatico e coraggioso, la cui storia è il vero filo conduttore dell'intero romanzo. Attorno ad essa, però, si intrecciano mille altri fili, dal rumore dei vicoli del Jarro al silenzio minaccioso dei picchetti nella notte, dall'irriverenza delle battute di Marion alla sacralità di una promessa antica, dalla fatica reale della vita del mercato alla dimensione surreale, rifugio di un'esistenza troppo e troppo a lungo esposta ai colpi dell'ingiustizia e della malvagità del mondo. In mezzo, affetti ruvidi, modi bruschi, battute volgari, risate crasse, e, ovunque, la lezione di una dignità e di un decoro che travalicano privilegi di rango o di nascita o di classe sociale, a ricordarci, se mai ce ne fosse bisogno, che non è dai diamanti che nascono i fiori
Da leggere, assolutamente.
alla prossima
Alessandra

DEL FUROR D'AVER LIBRI (marzo 2010)

 A leggere Agnes Browne Ragazza, ci avrò messo sì e no tre ore. A scrivere due righe di rece, ci metterò tre giorni- perché non c'è come con i libri "senza filtro", quelli per cui dopo tre pagine non c'è più la parola scritta a fare da tramite fra te e la storia, che io fatico a mantenere quel minimo di distacco necessario a parlarne senza doversi soffiare il naso ogni tre per due.
Quindi, ci tocca aspettare: a voi, la recensione, a me la lettura del libro successivo, In Viaggio Contromano, che è lì sul comodino che mi dice "leggimi leggimi" ma a cui, per ora, sto resistendo, stoica.
Nelle more dell'attesa, sto copiando tutte le rece sulla pagina dei fans di FB, nella sezione delle Discussioni.
Onestamente, non ho ancora capito perchè lo stia facendo, anche se al momento il colpo d'occhio non mi dispiace. Sto addirittura pensando di recuperare anche quelle su aNobii, in una sorta di Summarium, così da avercele tutte lì, in una botta sola.
Dopodichè, i casi saranno due
- o proseguirò nella foga della collezione, trasferendo su FB tutto quello che ho scritto dalle origini ai giorni nostri, letterine a Babbo Natale e formazioni del Genoa comprese
- oppure mi fermerò lì, a chiedermi cosa diavolo ne faccio, di tutta quella roba
Nella prima ipotesi, siete pregati di contattare la Dani, che ha il numero del Dipartimento di Igiene Mentale più vicino alle nostre case; nella seconda, invece, bisogna che mi diate una mano a pensarci un po' su
E' chiaro che se non fossi in mezzo a 'sti indici, col cavolo che mi sarebbe venuto in mente di fare tutto questo lavoro: ci avevo provato, tempo fa, ma solo per rendermi conto sul serio se avere una pagina dei fans su MT andasse oltre al riquadro dei suddetti che ti fanno ciao alla destra del blog.
Stavolta, invece, è partito tutto da una considerazione diversa, vale a dire dalla struttura da "panta rei" tipica di ogni blog, per cui si vedono solo le cose pubblicate dall'oggi al domani e recuperare i post passati è un delirio. Per carità, con le ricette va benissimo: uno arriva, mette i dati nel motore di ricetta et voilà, bell'e che fatto. Ma con i libri, è parecchio diverso.
Per carità, anni di niusletter insegnano che io sono capace di chiacchierare per ore anche di stufati alla birra e minestrine in brodo e resto convinta che la cucina sia uno dei modi più intimi ed efficaci per esprimersi e per comunicare.
Ma parlare di libri è tutt'altra cosa: non più nobile o più elitaria, ma semplicemente diversa, perchè diverso è il modo con cui un libro "parla"- con noi, nei vari momenti della nostra vita, a noi, nella varietà del nostro sentire e del nostro capire. Fateci caso: quante volte abbiamo trovato messaggi sconvolgenti in libri che per anni non eravamo riusciti neppure ad aprire? e quante volte abbiamo colto sfumature e significati che in letture precedenti ci erano sfuggiti? e quante volte ancora il libro che per noi è stato il peggiore dell'anno è piaciuto immensamente ad un nostro amico? A me è capitato un sacco di volte: non mi vergogno a dire che sono riuscita a leggere Dostojewski dopo i trent'anni e che ho capito la Austen dopo i quaranta: ma se non avessi avuto sempre a portata di mano Delitto e Castigo e Orgoglio e Pregiudizio, chi mi dice che non mi sarei fermata alle impressioni dell' 'oggi", precludendomi l'arricchimento che invece ho avuto dalle stesse letture, fatte in tempi più maturi?
Intendo dire, cioè, che per me i libri devono stare "tutti lì". E così come lo faccio nella vita reale- ho librerie chilometriche, con libri su tre file, lo faccio pure in quella virtuale, considerato, a maggior ragione, che qui lo spazio non manca. Mancano, semmai, le idee su come sfruttarlo al meglio: ma ci possiamo pensar su, cosa ne dite?
buona serata
ale
P.S. Quello che avevo detto sul libro che mi tenta dal comodino e su di me che resisto, è vero solo a metà. La prima ovviamente...