sabato 27 febbraio 2010

A mali estremi...- Quiche di finocchi e Roquefort




quiche finocchi e roquefort

Bollettino medico del 27 febbraio 2010 ore 8.30: a parte che è tutto come prima (il ditone non accenna a sgonfiarsi, se non fosse nel posto sbagliato sembrerebbe il naso di Rudolph, mentre la sottoscritta continua a sclerare in ciabatte) ho finalmente una diagnosi: non ho niente. Non ho infezioni, non ho fratture, non ho slogature, nada de nada, insomma. A parte il piccolo particolare che rischio l'ambutazione dei piedi. Entrambi, ovviamente, e pure nello stesso tempo.
Ma andiamo con ordine.
Ieri mattina, dopo una notte insonne, passata al lume del dolore, arranco verso il Pronto Soccorso, non prima di aver invocato un mantra collettivo per evitare il taglio (non DEL dito, che quello me lo avrebbero fatto in anestesia, ma SUL dito, che invece, a detta dei colleghi, sarebbe avvenuto "a freddo", in stile prosciutto di Natale, solo che quello è morto prima, mentre io sarei morta durante). Parto col protocollo dei diritti del malato, nella borsa mentre il marito, in un impeto di bontà, prima mi consola, spiegando scientificamente che un taglio solo non servirebbe a niente, mentre due sì, ma tre son meglio, e poi mi lascia ad un km dall'ingresso del Pronto Soccorso, verso il quale arranco, invocando tutti i Santi del Paradiso non prima di essermi scusata per averli disturbati poco tempo fa - ma giuro, non volevo e giuro non lo faccio più.
La prima dura prova mi attende all'ingresso, quando vengo interrogata all'accettazione:
"cos'ha?"
Ok, questa la so
" ho male a un dito del piede"
"cos'ha?"
Ussegnur, mi è capitato il sordo
"HO MALE A UN DITO DEL PIEDE"
"cosa urla, mica son sordo. Le ho chiesto che cosa ha al dito del piede: un'infezione, una frattura, una slogatura, insomma, che cos'ha?"
Attimo di smarrimento. O sono entrata dalla porta sbagliata, o sono su scherzi a parte. Azzardo "un giradito", ma a quanto pare non basta
" A quale dito?"
Ussegnur due, e questa non la so. So tutti i sette nani, tutti i re di roma, tutte le virtù teologali e i peccati capitali, ma non chiedetemi le dita dei piedi, perchè oltre l'alluce non vado. Confesso la mia ignoranza e- miracolo- mi dice che sui piedi si va a numero: pare che dopo "l'anulare del piede sinistro" si siano arresi all'ignoranza dei pazienti. Dopodichè, mi spiega dove devo andare.
Ora, dovete sapere che io sono mancina e, come dice mio marito, ho il senso di orientamento di un piccione viaggiatore morto. Per me, destra e sinistra sono dei concetti astrusi, che sostituisco da "di là" e "di qua", per giunta senza alcuna mimica: cioè, io dico "di là" e "di qua" senza indicare da che parte è il "di là" e da che parte il "di qua" .Quindi, quando il tipo mi ha detto " vada a sinistra, prenda il corridoio, giri a destra, faccia la scala, poi vada avanti nel corridoio, giri a destra e poi a sinistra", ho capito che non era cosa. Per fortuna, però, so leggere, ho seguito tutti i cartelli e sono arrivata a destinazione.
Mentre son lì che aspetto, mi cade l'occhio sul foglio di accettazione e comincio a leggere: quando arrivo a "segni vitali", passando per "valutazione pupille", "scala del dolore" e "fattore di rischio", non ne dò più. Di segni vitali, intendo. Ho appena la forza di rispondere alla telefonata del marito che, tutto accorato, mi chiede a che ora apre il suo parrucchiere, dopodichè mi chiamano e mi dicono di andare dalla dottoressa Caviglia*. (il primo che ride, lo ammazzo)
La succitata dottoressa Caviglia è una virago di 100 kh lungo cappelluta, che vederla e associarla a bisturi affilati e luccicanti è praticamente tutt'uno. Mi intima di salire sul lettino e, con la forza di venti braccia, comincia a mastrussarmi il dito. Che, orrore, non mi fa più male.

quiche finocchi roquefort
Io ho sempre pensato che, quando sono stata creata, il Signore mi abbia detto "va', e fa le tue figure di m..": per cui, una più, una meno, non fa differenza. Solo che, quando sto per scusarmi, con tutti i sensi della mia mortificazione, mi rispedisce sul lettino e mi diagnostica l'imminente amputazione di entrambi i piedi.
Domanda da cento milioni: che cosa avreste fatto voi? indifese su un lettino, con 'sta specie di vikinga davanti, che emette un sì tragico verdetto, senza mutare espressione e, soprattutto, senza mollare la presa sui vostri piedi?
Io mi sono messa a ridere. Cioè, ho pensato che un po' di sano senso dell'umorismo non si nega a nessuno, che una tipa così non poteva che avercelo macabro e che a me conveniva non irritarla, dandole a intendere che avevo capito il battutone e che mi era pure piaciuto.
"rida rida, che poi quando rimarrà senza piedi, riderò io"
Morale: due cerotti di nitroglicerina da tenere sotto le dita per almeno tre mesi, pediluvi caldi un giorno sì e un giorno no e solenne de profundis per i collant, almeno fino a giugno. Per cui, se vedete su una spiaggia una tipa in costume, con i collant fino alla vita, saprete chi è...

* per ovvi motivi di privacy, il cognome della dottoressa riguardava un'altra parte del piede- ma sempre di piede si trattava. Parola di Giovane (?) Marmotta


QUICHE AI FINOCCHI E ROQUEFORT

quiche finocchi roquefort


altra non ricetta, da fine del mondo
Fate bollire un finocchio, ovviamente dopo averlo mondato e pulito, in acqua leggermente salata.
Nel frattempo, stendete in una tortiera (20/22 com di diametro) un foglio di pasta brisée, sempre rigorosamente comprata e sbattete 250 ml di panna (l'ideale sarebbe la creme fraiche) e due uova. Salate leggermente. Quando il finocchio è cotto, suddividetelo a spicchi e ricoprite con questo il fondo della tortiera. Ovviamente, vi resteranno degli spazi, fra uno spicchio e l'altro, che verranno colmati da tanti dadini di roquefort. Qui si va a gusto: se vi piacciono i sapori forti, mettetene tanto, se invece preferite un gusto più delicato, metetene meno. Versatevi sopra il composto di panna e infornate a 200 gradi per 15-20 minuti, fino a quando la torta non è bella gonfia e dorata. Servite con un'insalata mista.
Buon Appetito
Alessandra

giovedì 25 febbraio 2010

cheese cake al cioccolato e lamponi

cheesecake cioccolato lamponi

Bollettino medico di giovedì 25 febbraio, ore 08.30. La paziente sclera. Ormai vivo in infradito rosa, stile Madama Butterfly al bagno, ma il fil di fumo che si leva proviene dal cotechino con cui termina la mia gamba sinistra, a mollo da un quarto d'ora senza che stia succedendo niente. Mi prendo ancora 24 ore, poi dichiaro la resa e vado al Pronto Soccorso. Se per frattura del dito o ustione del piede ancora non si sa, ma è certo che ci andrò.
Spero solo di non incontrarci mio padre, come è successo qualche anno fa, quando ci siamo ritrovati lì, io per un dito, lui per un polso, l'uno all'insaputa dell'altro. Io mi ero fatta cadere la serracinesca della porta di un negozio giusto a metà del dito medio (particolare superfluo: c'era una probabilità su 5, ma, tanto per cambiare, è toccata a me) ma, naturalmente, ero andata a lavorare, specializzandomi questa volta in guida con una mano sola e cambio col polso. Solo che non avevo fatto i conti con gli alunni che confermarono anche in quell'occasione, il sincero attaccamento per la loro professoressa, in un crescendo di dolore ce andava dall'"uuuhhhh prof che schifo, è tutto gonfio!" al " ad un mio amico glielo hanno dovuto tagliare", fino all'apice della loro preoccupazione: " prof, vada a casa, che non può mica reggerle, due ore con noi , in quelle condizioni!". Quando ho detto che allora, sì, se insistevano così tanto, sarei corsa subito a farmi visitare, ho capito di averli fatti davvero felici. c'era addirittura chis altava sulla sedia e quando passai ad avvisare la classe successiva che niente saggio, la professoressa va dal medico, ci fu nientemeno che un boato.
E così, col cuore gonfio di commozione, me ne sono andata a San Martino. E mentre ero lì che aspettavo il mio turno, vedo spuntare dal fondo del corridoio mio papà.

cheesecake cioccolato lamponi

Ora, io so di essere persona amabile. E so anche di essere persona dal buon carattere, paziente e remissiva, con la sola colpa di essere finita in una società che non ha i mezzi per riconoscere così tante virtù, e per giunta concentrate tutte in una sola persona. Ma che, nel giro di sì poche ore, mi fosse toccato in sorte di toccare con mano da quanto amore fossi circondata, questo no, non lo avrei mai immaginato. Prima gli alunni, e ora mio papà. Il quale, per altro, doveva essere stato mosso dal sesto senso paterno, visto che avevo preferito affrontare questa dura prova da sola, senza avvisare nessuno- e lui meno che mai. E così, gli sono andata incontro col dito teso, abbracciandolo e baciandolo ed esprimendogli tutta la mia gratitudine per essere venuto a sostenermi nel momento del bisogno.
Avete presente quando uno si trova suo malgrado nel bel mezzo di una situazione in cui non sa dire come diavolo ci sia finito dentro e non si raccapezza più? Ecco, moltiplicatela per mille e quella era l'espressione di mio padre, quando mi ha visto al Pronto Soccorso. E, anzichè rispondere ai miei slanci, dicendomi che sì, era corso subito al mio capezzale, mi ha guardato con aria interrogativa e mi ha detto: "belin, ma cosa ci fai tu qui?"
Per farla breve, aveva combinato qualcosa con la barca ( qualsiasi cosa succeda a mio padre, c'è di mezzo la barca) e quindi era venuto a farsi controllare il polso.
La fatica più grande l'abbiamo fatta con i medici, quando abbiamo dovuto convincerli che eravamo lì per caso e no, non avevamo avuto nessun incidente insieme, e no, non stavamo nascondendo niente all'assicurazione e sì, c'erano testimoni, sia da una parte che dall'altra, che avevano assistito ai fatti. Il tutto, ovviamente, senza ridere....


CHEESECALE AL CIOCCOLATO E AI LAMPONI


cheesecake cioccolato lamponi

Premessa: rispetto alle dosi tradizionali di colla di pesce, io ne uso molto meno. Evito l'effetto mappazza, la cheesecake si scioglie in bocca e mantiene una morbidezza eccellente. L'unica controindicazione è che, nelle preparazioni bicolori, la fetta resta un po' troppo traballante: il che non danneggia il palato e neppure la vista, ma la foto sì, perchè non regge spostamenti e tempi di posa. Quindi, fate voi: o salvate l'aspetto, aggiungendo più gelatina, o salvate il gusto

stampo a cerniera 20-22 cm di diametro

120 g di wafer al cioccolato
60 g di burro fuso

250 g di philadelphia
250 ml di panna
100 g di cioccolato fondente
200 g di zucchero
14 g. di colla di pesce (potete aumentare fino a 18)
100 g di lamponi

ungere bene lo stampo a cerniera e foderare il fondo con carta da forno. Far sciogliere il burro, polverizzare i biscotti col mixer, mischiarli al burro fuso e rivestire il fondo e i bordi *della tortiera con questo composto, livellando bene.
* Fino a metà del bordo, non tutto
Mettere in frigo per mezz'ora
Nel frattempo, ammollare metà della gelatina in acqua fredda e far sciogliere il cioccolato a bagno maria
Montare con le fruste il formaggio con lo zucchero e dividere il composto in due; in uno, aggingere il cioccolato fuso, mescolando bene.
Scaldare poca panna in un pentolino e, quando è quasi al punto di evollizione, toglierla dal fuoco e sciogliervi metà della dose di colla di pesce, mescolando con un cucchiaio di legno fino a che non si sentono più filamenti o grumi. A questo punto, versare un cucchiaio del composto di formaggio e cioccolato nel pentolino e incorporatelo alla panna liquida; quando è beme amalgamato, precedete con un altro cucchiaio e con un altro ancora, per scongiurare lo choc termico. A quel punto, potete riunire i due composti. Montate metà della panna e incorporatela al composto di cioccolato. Versatelo nello stampo a cerniera, all'altezza del bordo di biscotti, e livellate bene. Mettete in frigo per circa un'ora.
Dopodichè, fate lo stesso con il composto bianco: versatelo nella tortiera sopra lo strato di cioccolato e immergetevi i lamponi, tenendone da parte qualcuno per la decorazione. Devono proprio finire dentro lo strato bianco Far riposare in frigo per almeno tre ore e comunque fino al momento di servire.
Decorate con lamponi e/o scaglie di cioccolato o zucchero a velo o foglioline di menta
Buon Appetito
Alessandra



mercoledì 24 febbraio 2010

DEL FUROR D'AVER LIBRI

 
Una delle cose che mi piace di più di questo blog è il legame a doppio scambio che si è instaurato fra noi quando si parla di libri: da una parte, voi consigliate, dall'altra io divulgo le vostre proposte e le mie scelte, innescando quindi una sorta di condivisione che altrimenti sarebbe impossibile. Visto che da vent'anni sono orfana di uno strampalato salotto letterario (si chiamava V.I.P., dove l'acrostico stava per Vietato Il Prestito) l'aver ricreato qualcosa di simile in chiave virtuale mi compensa di una mancanza che, fuori retorica, mi intristiva un po', per non parlare degli stimoli legati ad un parlare di libri ad ampio raggio, come solo il web consente di fare. E questo è il lato A. Il lato B, invece, è la mancanza di immediatezza nello scambio di opinioni, cosa che invece si verifica nei "salotti" e che a ben guardare costituisce l'elemento che li distingue dalle conferenze o dalle lezioni frontali. Siccome qui in cattedra non c'è nessuno, sto pensando a come fare a risolvere il problema e, al momento, mi è venuta una sola idea, che però, essendo ancora in fase embrionale, per ora tengo per me. In compenso, metto la palla al centro e se avete delle proposte su come fare a mettere in moto uno scambio degno di questo nome, le accetto volentieri

Seconda domanda: vado giù diretta, perché per quanti giri di parole faccia per "mitigare" la cosa, nei fatti è così e quindi girarci attorno sarebbe solo una perdita di tempo. C'è una certa influenza di queste "rece" sulle vostre letture e soprattutto sui vostri acquisti. Ossia, fuori dai denti, alcuni leggono (e spesso comprano) i "libri da leggere", dopo che sono stati consigliati qui. Sia chiaro: io faccio esattamente lo stesso con i titoli che mi consigliate voi e la bilancia degli acquisti pesa più dalla mia parte che dalla vostra: solo che per questo mese, ho in lista una decina di libri, mentre quelli che esalto qui sopra sono molto, ma molto meno. Di nuovo, la cosa non può che farmi piacere, perché rientra nella logica dello scambio di cui al punto due (il fatto che mi senta come una specie di Sai Baba in libreria è irrilevante, ovviamente). In più, un bel libro è sempre un bel libro, anche se non vi piace e quindi, per quanto possa andar male, è sempre un'esperienza con il più davanti. Tanto per farvi un esempio recentissimo, sto leggendo "Il tè delle tre vecchie signore" di F. Glauser. Se vi dicessi che mi fa impazzire, vi direi una bugia. Però, è davvero un piccolo capolavoro e quindi -per ora- non demordo: evito di leggerlo in coda al supermercato, lo prendo in mano nei momenti di tranquillità e, pur non essendo ansiosa di vedere come va a finire, mi rendo conto che oggettivamente è un gran bel libro. Quindi, se, metti caso, uno di voi si fosse fiondato in libreria per prendersi l'ultimo Carofiglio e poi mi dicesse che non gli è piaciuto, mi dispiacerebbe sul fronte "umano", per così dire, ma non più di tanto su quello della qualità dell'opera: non è stata di tuo gradimento, ma non hai buttato via nè tempo nè denaro.

Il problema si pone invece con i giudizi negativi e, ancora di più, su quelli "così e così" e non perché si crei un confronto fra chi la pensa diversamente -cosa che, anzi, come si diceva, è la parte più vivace di queste pagine- ma per il rischio che proprio non si crei nulla, nella misura in cui i miei giudizi scoraggino il vostro desiderio di leggere quei determinati libri, per il semplice fatto che a me non sono piaciuti. Anche questo è un empasse da cui vorrei uscire, cominciando col dirvi, per esempio che, a parte 40 anni precisi (ho cominciato a 4 anni e da allora non ho più smesso) di letture di ogni genere, una vecchissima laurea in lettere classiche e una più o meno recente attività di critica marchettara che rinnego dal profondo del cuore, non ho nessuna competenza in merito. Vale a dire che quello che leggete qui sopra non è altro che una riflessione "a voce alta" su una lettura, che mi fa piacere condividere, ma che non intende pregiudicare niente.

Dico questo anche per i non pochi nuovi autori che mi hanno scritto chiedendomi di leggere i loro libri e di parlarne qui sopra. Al momento, preferirei non farlo e proprio per i motivi che ho appena esposto. Qui c'è una comunità di amici, che parla di libri "sanza alcun sospetto" e senza vincoli di alcun genere e, non ultimo, non voglio essere privata dell'immenso piacere di girare per gli scaffali di Feltrinelli e scegliere da me le mie letture. Se volete mandarmi i vostri libri, li leggerò volentieri e vi manderò, in privato, le mie impressioni: ma usare questo blog per farsi pubblicità, questo proprio no.
Buona serata
Ale

martedì 23 febbraio 2010

Sablè di Felder al parmigiano con tre variazioni






sablè cumino limone


Bollettino medico di martedì, 23 febbraio, ore 7.00: teoricamente, sarei in piedi. Praticamente, sto ancora su un piede solo, con la non trascurabile differenza, rispetto ai giorni scorsi, che stavolta lo alterno. Vale a dire che, fino a mezz'ora fa, il piede malandato era il destro. Ora, dopo che una gruccia da pantaloni, de fero e rinforzata, è franata dritta dritta sul secondo dito del piede sinistro, zompetto per il corridoio, in stile Mino Damato sui carboni ardenti, ma senza l'espressione ascetica che aveva lui. Qui, di ascetico, ci stanno solo i santi che, ad uno ad uno, sto convocando direttamente dal Paradiso...
E comunque , la prima prova è stata superata: trattasi del famigerato aperitivo per la Festa Solenne dell'Ufficio che da almeno 5 anni vede la sottoscritta cooptata dal capo, in qualità di P.R. -da Pranzi&Rinfreschi a Pulisci&Risciacqua. Siccome sull'argomento si potrebbe scrivere un trattato, ma siccome non ho voglia di marcirmi il sangue già alle 7 e un quarto del mattino, rinvio a momenti più allegri la rievocazione delle varie tappe che mi hanno condotto ai vertici di questa carriera e passo subito a raccontarvi la Sfida dell'Anno, vale a dire come preparare un buffet per cinquanta persone, dovendo essere sul posto alle otto del mattino, per giunta in tenuta da professionista rampante, con tanto di scarpa col tacco, alla faccia della tempistica, del sudore da duro lavoro e, buon ultimo, del ditone malato.
Fosse stato per il marito, avrei dovuto telefonare al Capo e dirgli pacatamente che non ero in condizione di muovermi e che si arrangiassero da soli, una buona volta, magari mandando anche qualcuno a prelevare vassoi e caraffe. A parte la nominescion per "la migliore battuta del secolo", il suggerimento non ha sortito alcun effetto e, dieci minuti dopo, sperimentavo una nuova posizione al volante, guidando senza una scarpa e schiacciando il pedale dell'acceleratore col solo tallone. E' stato solo quando sono arrivata al parcheggio, sana, salva e senza neppure una smagliatura nella calza che ho capito che ero lì per volontà divina e che quindi, qualsiasi cosa fosse successa, avrei trovato un appiglio a cui aggrapparmi. E così è stato. Il primo, indispensabile, è stato l'aiuto della Paola, un'altra che, quando si decideranno a fare uno speciale sul mio buon carattere, potrà candidarsi a fare l'ospite d'onore; il secondo, invece, è stato il colpo di genio di lavorare scalza, su un pavimento di marmo, in una stanza che non aveva mai visto un calorifero in vita sua. Tempo trenta secondi e stavo sperimentando gli effetti analsegici del congelamento, con grande beneficio della sottoscritta e degli invitati, che, nel giro di mezz'ora, hanno fatto fuori il seguente buffet

sablè alle olive



Mini quiches al roquefort e ai finocchi (48 pezzi)
Mini quiches lorraine (48 pezzi)
Focaccia alla salvia (100 pezzi)
Mini croissant farciti con crescione e salmone affumicato (70 pezzi)
Baci di dama salati al pesto (80 pezzi)
Sablè al cumino/limone (50 pezzi)
Sablè alla paprika (50 pezzi)
Sablè alle olive (50 pezzi)

i primi 4 sono stati preparati una settimana prima e congelati; i secondi 4, invece, tre giorni prima e chiusi in scatole di latta. Al mattino (presto: prima delle 6, di sicuro), ho fatto scongelare in forno quiches e croissant, e nel frattempo farcivo i baci di dama, mentre le brioches sono state riempite in loco. Tovaglie bianche (pure quelle antiche: mamma, non leggere), con sopra dei copritovaglia ciclamino, vassoi d'argento ed alzatine. Superfluo aggiungere che le sablè nelle foto sono state immortalate prima dell'inizio della cerimonia, visto che, a parte le briciole, non è avanzato niente....


SABLE' AL PARMIGIANO
(C. FELDER)

sablè alla paprika



la ricetta base è di Felder e si riferisce ad una ventina di biscotti


farina 130 g
burro 100 g
tuorlo d'uovo 1
parmigiano grattugiato 100 g
sale 1 presa
pepe nero 1 presa
Preriscaldate il forno a 180. Unite tutti gli ingredienti in una ciotola a lavorate con la punta della dita fino ad ottenere una consistenza sabbiosa. Se preferite lavorate al mixer. Aggiungete l'uovo, compattate e formate una palla. Conservate in frigo per 1h. Stendete la pasta su uno spessore di ca 5mm e ricavate dei quadrotti di 4cm. infornate 15-18m. a 180°

Io sono partita dalla stessa base, quadruplicando le dosi e riducendo le dimensioni, e ho aggiunto tre diverse "profumazioni"

- cumino in semi e scorza di limone grattugiata
- paprika forte
- olive nere tritate grossolanamente

Nelle scatole di latta, si sono conservati tutti bene, eccetto quelli finiti nel contenitore con il coperchio che chiude male: mi è bastato rimetterli in forno a 150 gradi per 5 minuti e sono tornati fragranti come gli altri.
Buoni, buoni, buoni
Buon appetito
alessandra


lunedì 22 febbraio 2010

misfatti culinari - la carbonara di carciofi e speck


carbonara carciofi e speck

Premessa: oggi sono una donna morta. Ho alle spalle un catering da 20 persone che poi son diventate 30 e poi 40 e alla fine erano 50, un piede devastato, la micra stipata di vassoi-caraffe-tovaglie- cestini e tutto quanto fa aperitivo per l'inaugurazione dell'ufficio e, su tutto, il fermo proposito che, se rinasco un'altra volta, invece che la cucina, come hobby mi scelgo l'ascesi. Teoricamente, dovrei essere a letto con impacchi e cose varie, ma di privarmi anche dell'unico piacere della giornata- vale a dire le due cavolate sul blog- non se ne parla nemmeno. Però, siccome sul serio sono un po' sgarruppata, attingo agli archivi delle niusletter e vi rimando al lontano 2007, quando già mi arrampicavo sugli specchi alla ricerca di penose giustificazioni ai miei misfatti culinari. E se non ci credete, leggete qui sotto...


Non so se ci avete fatto caso, ma nel vario e vasto mondo della gastronomia esistono piatti che mettono d'accordo tutti ed altri che fanno istantaneamente litigare. Per esempio, se preparo un piatto di gnocchi al pesto so per certo che farò tutti contenti- dai palati terra terra delle amiche di mia figlia fino al gourmand più raffinato- e lo stesso capita con la pizza, con certe focacce, con la pasta e fagioli, persino con i famigerati tortini di cioccolato. Per contro, ci sono delle preparazioni che solo a nominarle viene giù il mondo, a cominciare dal diritto di primogenitura in poi e credo di non sbagliare se dico che la carbonara rientra a pieno titolo in questo gruppo. E' da quando leggo di cucina che sento disquisire su guanciale e pancetta, è da quando colleziono riviste che, prima o poi, c'è qualche sfida ( l'ultima, sul gambero rosso di marzo), è da quando bazzico per i forum che ogni tanto ne spunta uno con qualche interrogativo lacerante -ce la metti la panna? quanto sbatti le uova? quanta acqua di cottura ci aggiungi?- e non è un caso che l'ultimo esodo da cucinait sia avvenuto proprio per uno scontro epocale su una carbonara di pesce, che per il purista di turno è suonato come una bestemmia in chiesa e tanto basta per andarsene a chiedere ospitalità a siti più puri- perché, sia chiaro: scherza coi fanti, ma la carbonara la lasci stare.

stamattina alle 7.14 ho avuto il primo faccia a faccia della stagione con una tarma: in genovese le chiamiamo camole, hanno l'aspetto di orribili farfalline color pulce e sono la maledizione di ogni massaia che si rispetti. e siccome sono una massaia che si rispetti,prima di procedere allo sterminio ne ho seguito le tracce, dritto dritto fino all'armadietto della pasta secca. Dove c'erano solo confezioni sigillate- e un pacco di trenette aperto, con scadenza nel 2010. Individuare il colpevole e decretarne la fine è stato tutt'uno, ma temo fortemente di aver commesso io stessa il crimine dei crimini, tanto che non oso postarlo di là, paventando l'abbandono indignato di tutto il condominio... perché stasera, mie care, ci siamo mangiati nientemeno che....

LA CARBONARA DI CARCIOFI E SPECK


carbonara di carciofi e speck


ingredienti

240 gr. di trenette ( il peso si intende senza tarme)

5 carciofi

1 scalogno

1 hg di speck taglato a listarelle

3 uova, mezzo limone

prezzemolo

sale

pepe

formaggio pecorino

Pulire bene i carciofi, togliere le foglie esterne, taglirli all'altezza del cuore, ridurli a spicchi e togliere il fieno, mettendoli a mano a mano in acqua fredda acidulata con il succo di mezzo limone ( o aceto o acqua minerale gassata, senza altre aggiunte). Affettare sottilmente uno scalogno, farlo appassire in padella con olio EVO, aggiungere i carciofi tagliati a listarelle, salarli e farli insaporire. Allungare ocn un po' di brodo e portare a cottura: dieci minuti dovrebbero bastare.

Nel frattempo, mettere su l'acqua per la pasta.

in una capace terrina ( parlo come un libro di ricette!!!) sbattete tre uova intere con un cucchiaio di pecorino e mettete sul fuoco una padella dal fondo spesso, su cui farete saltare lo speck, senza alcun grasso in aggiunta. Attente a non farlo tostare, deve solo acquistare morbidezza.

Buttate le trenette, scolarle al dente tenendo da parte due mestoli di acqua di cottura ( servono per rendere più cremoso il condimento, ma stavolta non ce ne è stato bisogno) e versarle nella terrina. Mescolare bene con le uova e il pecorino ( ah, ovviamente io avevo del grana padano e ho usato quello), aggiungere lo speck e i carciofi ( caldi). Aggiustare di sale se è il caso (lo speck è salato di suo), una bella manciata di prezzemolo, pepe macinato all'istante e subito in tavola.

ciao

ale

P.S. se la chiamassi "carbonara fusion" avrei qualche probabiltà in più di cavarmela, secondo voi????

PP.SS. alla storia della tarma, in casa mia non ha creduto nessuno: secondo mia figlia, ho ucciso un moscerino e tanto basta per tenermi i musi fino a domani. Secondo mio marito stavo cercando un pretesto per rovinare irrimediabilmente le ricette della sua mamma, come continuava a ripetermi mentre raschiava il fondo della padella...


carbonara di carciofi


La foto, ovviamente, è dell'altro ieri, perché all'epoca non c'era ancora dimestichezza col mezzo, per usare un eufemismo. Al posto delle trenette, abbiamo usato gli spaghetti, non certo sulla scorta di sensi di colpa, ma sulle più materialistiche scorte della dispensa, ma il gusto è rimasto uguale...

Buon pomeriggio

Ale



domenica 21 febbraio 2010

perchè sanscemo è sanscemo - le pagelle (II parte)


Irene Grandi : la (ex) ragazza-rock della musica italiana esce da questo festival con due indiscussi meriti. Il primo è di aver cantato una cover di Bruci la Città con la convinzione di chi promuove un inedito; il secondo, quello di non aver mandato a quel Paese la Clerici che le chiedeva se, in amore, ha la stessa grinta che sul palco. A discapito della sua forma ritrovata, grasso che cola.
Voto: 7

Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici: il divorziato e convivente Pupo canta la Famiglia, l'ex esule che chiese un risarcimento milionario per tornare in Italia biascica un inno alla patria, al tenore resta Dio a cui appellarsi, unendosi alla preghiera corale di quanti desiderino che lo strazio finisca, e al più presto. Riescono a far rimpiangere nientemeno che la famigerata Italia Italia di Mino Reitano, uno che la gavetta l'aveva fatta, per davvero e che poteva metterci la voce e la faccia, ancor più per davvero.
Voto: vergogna

Irene Fornaciari e I Nomadi: hanno la stessa allegria di una prefica in un ospizio. L'odore di naftalina che aleggia intorno a loro è acuito dalla giacca smessa del papà della cantante che geme davanti la microfono chiedendosi perché il mondo piange. Il cd è in vendita da domani, cornetto incluso.
Voto: zero

Simone Cristicchi: vestito come Spagna negli Anni '80, si agita, salta e si diverte, mentre intanto prende a picconate l'Italia di Dio, della Patria e della Famiglia, quella incarnata dalle nonne coi seni rifatti, i pochi idraulici e le tante badanti, la crisi mondiale che avanza e i terremoti ancora in vacanza. Il vero mistero di questo Festival è che sia arrivato in finale
Voto: 8

Tony Maiello: è il vincitore di Sanremo giovani e, siccome è giovane ed è oltretutto un compaesano della mia amica Annalu, elenco di seguito solo i pregi emersi nel corso della sua esibizione dell'altra sera, che dal primo all'ultimo sono i seguenti
1. è un compaesano di Annalù
2. è un compaesano di Annalù
3. è un compaesano di Annalù.


Verdetto finale

Mengoni escluso, mai così in basso. Siamo un popolo che confonde la realtà con i reality, che esalta il pressapochismo, l'arroganza, l'apparenza e la finzione, dell'"unbellappaluso" e del cielo sempre più blu. Abbiamo l'Italia che ci meritiamo, che fa di Dio, della Patria e della Famiglia materiale per canzonette o per spot elettorali e che trova nella retorica più becera e più trita l'occultamento per le proprie magagne, presenti o future. Se mai c'è una consolazione, è che non siamo tutti così e che Sanscemo, grazie al cielo, arriva solo una volta l'anno

Buona serata
alessandra

perchè sanscemo è sanscemo - le pagelle ( I parte)



Nella lunga lista di sacrosante ragioni per cui stramaledico il mio piede fuori uso, il primo posto è occupato dagli arresti domiciliari, la sera del Festival di Sanremo, resa ancora più cupa dall'altrettanto grave impossibilità di riunire la giuria e di rendere surreale e sostenibile l'evento più trash della televisione di stato, magistrale fusione della I legge di Murphy e dell'altrettanto ottimistica saggezza popolare per cui "non c'è limite al peggio".
E proprio perché non c'è limite al peggio, ogni promessa è debito e tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, eccovi il consueto appuntamento del giorno dopo, quello senza il quale il trash non è trash, vale a dire Le pagelle di menuturistico

Antonella Clerici: è orfana delle tagliatelle di nonna pina, e si vede. Prova ad evocarle lanciandosi in ogni genere di balletti, dal can can al tuca tuca indiano, ma invano. Umiliata da scollature rotonde e da impietosi confronti con donne oculate nella dieta e nella scelta del sarto, si arrabatta dalla prima all'ultima serata, consapevole di aver perso la sua grande occasione di essere per sempre bandita dagli studi di Corso Sempione, laddove vezzeggia i suoi mostriciattoli a metà fra gli eunuchi e le Beline, anzichè rinnovare la modesta proposta di farseli arrosto.
Voto: 4

Orchestra: li capiamo. Resistono impavidi per tutte le cinque serate, cercando di scacciare il pensiero di come si sono ridotti con la certezza che, almeno questo mese, potranno fare un pasto completo e illusi dal poter esprimere il loro parere tecnico, frutto di anni di studio, con un voto che viene del tutto annullato da una giuria che si ammanta del titolo di "populare", ma che oltre il "volgare" non va.
Un unico appunto: se al posto degli spartiti gettati sul palco in segno di protesta avessero lanciato dei pomodori, ci saremmo divertiti di più.
Voto: 8

Cantanti (in rigoroso ordine di apparizione)

Noemi & Valerio Scanu non li ho nè visti, nè sentiti: per la prima, mi dispiace, per il secondo, ringrazio la Provvidenza che ha fatto sì che il ragazzo delle pizze sia arrivato proprio in quel momento
Noemi: 7 (atto di fede)
Valerio Scanu : sotto zero (atto di fede)
Pizzaiolo: santo subito


Marco Mengoni: la sua voce fa dimenticare tutto- mossettine, ammiccamenti, anellazzi e pure una canzone già sentita. E' l'unico che riesca a tenere la scena abbottonato come Govi e con un leccapentole nel taschino. Sublime
Voto: 8

Povia: stavolta, fa il salto di qualità: dopo averci ammannito perle di saggezza con bambini, piccioni e gay rinsaviti, salta il fosso e passa direttamente a cantare la Verità. Avesse fatto come Salinger, sarebbe vissuto di diritti e di intatta fama di autore. E noi saremmo stati privati di questo strazio, nei secoli dei secoli, amen.
Voto: 2

Arisa: riesce a far sembrare sobria la moderna versione delle Sorelle Bandiera, che, a loro volta, riescono a far sembrare sobrio il Gay Pride. Si prende in giro, perché c'è poco da stare allegri, ma l'intonazione della sua voce fa sì che le si perdoni tutto. Anche le sue canzoni.
Voto: 8

Malika Ayan: la palma della più brava di questo Festival non le fa onore, perché quando si è bravi come lei non si teme nessuno, se non il proprio lookologo, che la ingiarma come un incrocio fra una culturista del Bronx e una signorina anni '20, di buona famiglia. La Clerici ne esalta l'eleganza, ma in una società che ha fatto di Lapo Elkann un sex simbol, ci sta.
Voto: 10

(segue...)






sabato 20 febbraio 2010

DEL FUROR D'AVER LIBRI

 

Del furor d'aver libri...


Promemoria dei libri consigliati

1. Il giardino delle favorite ( comprato e in lettura)
2. La scuola degli ingredienti segreti (letto)

3. La rivolta di Atlantide (prox lista)
4. La biblioteca dei morti (prox lista)

5. I love shopping per il baby (libreria della creatura, temo con copertina consunta)

6. Una notte a Bari (prox lista)

7. Kate Atkinson Dietro le quinte del.. ..
8. Kate Atkinson, Lontano dal mio giardino

9. Kate Atkinson, I casi dimenticati

10. Alice Sebold, Amabili resti*

11. La trilogia di Agnes Brown

12. The Reader, Schlint

E poi mi sono dimenticata dove ho messo il commento di Serafina che parlava della Lessing e di uno dei suoi ultimi libri. Lo cerco poi con calma- oppure, se Serafina fosse così gentile...

Era ieri o l'altro ieri che vi supplicavo :-) di non farvi inibire dalle mie stupide recensioni cattive? Beh, direi che mia vete dato retta: in due giorni la lista dei libri è più che duplicata, il che comporterà per me l'immane sacrificio di fare due giri in libreria, il mese prossimo.

Siccome ho una faccia come le lastre, vi metto di seguito i generi che non mi piacciono, anche se, come in tutte le cose, c'è l'eccezione- a parte un unico caso. Quindi, vale lo stesso principio: se l'eccezione è davvero eccezionale, obbedisco, senza colpo ferire.
Comunque, tendenzialmente non amo

1. il genere fantasy. lo dico subito, consapevole che qualsiasi flagellazione virtuale non sarà nulla rispetto a quello che mi tocca subire da un marito che al posto della Bibbia sul comodino ha l'opera omnia di Tolkien e da una figlia sua degna adepta. Non c'è amore coniugale o abengazione materna che tenga. Alla prima pagina mi sono già persa. e questo è quanto

2. la fantascienza. su questo punto, però, sono più elastica. Ho adorato Bradbury e Asimov e qualche racconto selezionato dal marito che, guarda caso, etc etc... Per cui, qualche speranza qui c'è

3. i libri sul medioriente, in stile il Cacciatore di Aquiloni e Leggere Lolita a Teheran. Cito apposta due bei libri, il secondo più del primo, per mettere subito dei paletti fra le opere degne di questo nome e le mediocrità che invece hanno sfruttato il filone. Siccome detesto il buonismo e temo di finire nel cinismo più becero,tendo a stare lontana da queste pubblicazioni. Però, anche in questo caso -anzi, soprattutto in questo caso- se vi imbattete in un buon libro, abbasso le difese e lo leggo. Sempre che non contenga il materiale del punto 4

4. in modo assoluto e irreversibile, tutti i libri che parlano di violenza e soprattutto di stupri, peggio ancora se commessi su minori. Chiedo venia, ma proprio non ce la faccio.

Tutto il resto, invece, mi piace. Sono una giallista invereconda (li colleziono pure), adoro i libri che fanno ridere davvero (dall'ineguagliabile Jerome K.Jerome in giù), i romanzi storici e i romanzi in genere, depurati del punto 4. Dalla lista dei libri consigliati, però, mi sembra che abbiate capito tutto, per cui proseguiamo così, che va benissimo
Buona notte
Ale

* chiedo venia a Roberta: ho confuso Amabili Resti con Miserabili Resti, e la risposta è stata di conseguenza. Amabili Resti è un libro che non leggerò mai, per le ragioni che ho esposto al punto 4. Siccome non vedrò neppure il film, mi tiro fuori dalla querelle - una volta tanto :-)

venerdì 19 febbraio 2010

Cake al miele, limone e timo limone

cake miele timo limone

Post serissimo, sul galateo dei food blog, di cui alla maggior parte di voi non importerà un bel niente. Saltate alla ricetta, che invece merita- e da stasera torno a cose più amene. Giurin giuretto

Nelle scorse vacanze, quando finalmente avevo un po' più di tempo da dedicare al blog, ho curiosato per un po' di siti e mi sono annotata una serie di ricette che mi piacevano e che mi sembravano alla mia portata. Ai primi posti della to do list c'era questo cake, che avevo trovato su questo sito e che, nella versione originale, fondeva insieme timo, limone e miele
Siccome, però, è dai tempi della rillette allo sgombro che sono diventata una timo-limone addicted, senza neanche pensarci due volte ho fatto questa sostituzione, certa che l'impasto ne avrebbe guadagnato, come in effetti è successo.

cake miele timo limone


L'altro ieri, dovevo preparare un centinaio di sablè salati e avevo bisogno di una ricetta collaudata, con una base sufficientemente neutra da permettermi di variare a mio piacere, per poter offrire tre tipi di biscotti, a partire dallo stesso impasto. Non trovando nulla fra i sacri testi e gli ancor più sacri quadernetti, ho chiesto a mia figlia, che tanto per cambiare era su FB, di fare una ricerca in internet. Anzi, già che c'ero, ho pensato di restringere il campo all'idea che mi era venuta, suggerendole di cercare "biscotti al limone e al timo".
Sono uscite fuori schermate intere di ricette, che mia figlia mi leggeva in stile litania da dietro lo schermo del pc, mentre io pesavo il burro e la farina e scartavo via via tutti i siti di riferimento. Se non che, ad un certo punto, la creatura si illumina e mi dice che lì in mezzo c'è un blog che finalmente "ha un bel nome da giovane, mai che a te possa venire un'idea del genere". Sbircio alle sue spalle e vedo che la causa dell'entusiasmo di mia figlia (blando e fugace, sia chiaro: i blog di cucina sono per lei fonte di assoluto disinteresse- se non di pura vergogna quando si tratta di quello di sua madre), dicevo, vedo che la causa di cotale entusiasmo è Lo Spilucchino di Virginia. Che - apriti cielo- ha pubblicato un cake al miele, al limone e, udite udite, al timo limone, praticamente uguale al mio.

Va da sè che, dopo un attimo di sorpresa, abbia risolto la faccenda pensando di linkare entrambi i blog come per altro è d'uso, fra i food blogger. E però, a bocce ferme, infornati i sablè mi son sorpresa a pensare a che cosa sarebbe potuto succedere se non avessi avuto bisogno della ricetta dei biscotti. Al di là del contesto specifico della vicenda (con Virginia siamo amiche e più che una risata non ci saremo fatte), mi son chiesta quante volte può essere capitato- e potrà capitare- che, in assoluta buona fede, si replichi una ricetta di un altro blog o di un altro sito, ovviamente senza citarne l'autore. La riflessione si è interrotta qui, perché, sinceramente, oltre non poteva andare. Però, mi ha comunque aperto uno scenario a cui, fino ad oggi, non avevo mai pensato e che, per certi aspetti mi mette anche un po' a disagio, visto che questo spazio nasce dal puro divertimento e lì finisce e vogliamo che finisca.
Per cui, per farla breve: visto che fino alle prossime vacanze di Pasqua non avrò tempo di farmi un giro su altri blog e pertanto vado avanti con quello che ho nell'agenda, se mai dovessi riprodurre ricette già apparse altrove, fatemi il favore di dirmelo, che così vi linko, vi ringrazio e non ci penso più- almeno fino al prossimo doppione

CAKE AL MIELE LIMONE E TIMO LIMONE

cake miele e timo limone


3 uova
50 g di zucchero
120 g di miele
250 g di farina
1/2 sacchetto di lievito
1/2 cucchiaino di bicarbonato ( non l'ho messo: una bustina di lievito intera, e via)
60 g di burro fuso
2 limoni ( uno dei quali verde)
2 cucchiaini di semi di papavero ( ne ho messi 2 cucchiai, a noi piacciono da matti)
1 pizzico di timo fresco (nel mio caso, timo limone)
Montare le uova con lo zucchero e il miele e, quando il composto è piuttosto spumoso ( più di tanto, non lo è, perché lo zucchero è poco e col miele non gonfia), aggiungete la farina setacciata insie,e al lievito. Mescolare bene e aggiungere il burro fuso, la scorza grattugiata di un limone e il succo di due, i semi di papavero e il timo
Versare il composto in uno stampo da plum cake unto di burro e mettere in forno a 180° per 50 minuti, se usate uno stamo grosso, per 20- 25' per 6 stampi piccoli
Lasciar raffreddare bene prima di sformare. Ovviamente perfetto per ogni ora del giorno e della notte, sublime per l'ora del tè
Buon Appetito
Alessandra

giovedì 18 febbraio 2010

Kentucky Oven Chicken




kentuky oven chicken

Quando mia sorella e io eravamo piccole, ricordo che mia mamma, ogni tanto, ci faceva mangiare "all'americana". Col senno di poi e una figlia noiosa, presumo che in tavola non ci fossero altro che le solite cose, rigorosamente sanissime, solo presentate in modo diverso. Di sicuro, la tovaglia era sostituita da tovagliette, probabilmente avremmo mangiato bisteccone invece che fettine di vitello e- magari- qualche patatina fritta, al posto della solita, odiatissima verdura. Però, a noi piaceva e, in quell'occasione, trangugiavamo tutto, senza tante storie.
Quando sono cresciuta, il mio battesimo con la cucina americana vera sono stati gli hamburger. Prima che a Genova aprissero le varie catene, si andava a mangiare "la svizzera" nel pane in alcuni bar d'avanguardia, dove eravamo gli unici a non usare le forchette fra i pochi che consumavano la pausa pranzo fuori casa. Ma quando sono arrivati i Mc Donald's e i Burger King (all'epoca, più confidenzialmente, Burgy), è stato l'inizio della fine. Un salto al Mc Donald's era entrato a far parte dell'organizzazione del sabato pomeriggio (alla sera non si usciva e la domenica ci si annoiava in famiglia, pensando per tutto il giorno a come fare a sopprimere i genitori) e, neanche a dirlo, io non saltavo un pasto. Non c'era panino che non provassi nè taglia di cartocci di patatine che non mi andasse bene, affogando il tutto in litri di senape e convincendomi ogni volta di più che al mondo non potesse esserci nulla di più buono.
Il baratro è stato raggiunto quando ho iniziato a lavorare in Inghilterra: lì avevo una lunga pausa pranzo, per giunta da sola, e la passavo tutta a leggere, davanti a panini sempre più alti e sempre più unti e a cartoni di Coca Cola più simili a barili che a bicchieri. Sorvolo sulle abitudini alimentari acquisite negli Stati Uniti dove, ad attirarmi ulteriormente, c'erano anche gli sconti (ricordo con malcelato orrore decine di scontrini di "full menu" a 1,99 dollari) che avevano fatto di me un cantore del fast food globalizzato, ai cui già collaudati pregi si aggiungeva ora il conclamato rapporto "qualità/prezzo". In 5 o 6 anni di permanenza più o meno continuativa in questi luoghi, non c'era un Mc Donald's che mi fosse sfuggito: ero arrivata anche ad organizzare incontri di lavoro in quello di fronte a Wall Street, pure dotato di finto pianoforte e, insomma, se mai avessi pensato di inserire nel pacchetto turistico anche un hamburger tour, sarei stata la migliore giuda dell'universo mondo.

kentuky oven chicken

Stranamente, i Kentucky Fried Chicken non rientravano in tutto questo entusiastico ardore: ci sarò entrata sì e no tre volte, per uscirne sempre a mani vuote. Probabilmente, li trovavo troppo salutisti ed antiquati, del tutto inadatti ad una icona della modernità e del fegato spappolato quale mi sentivo in quel momento.
Non chiedetemi quando ho percorso anch'io la mia via di Damasco, perché non lo so, ma di fatto, da allora, mi è stato facile non cadere in tentazione. Non ho idea di come siano fatti i Mc Donald's di Via XX, non recito a menadito il menu e se mi parlate di un Big Mac è più facile che lo associ ad un grosso computer che ad un grosso panino.
Cedo solo in due casi: agli onion rings del Burgr King e all'allora reietto Kentucky Fried Chicken. Tuttavia, le occasioni per potermeli permettere sono ridotte al minimo. Nel primo caso, sono troppo vecchia per fare la coda in mezzo a ragazzini con trent'anni meno di me e, per quanto cerchi ogni volta di blandire mia figlia, usandola come bieco paravento per le mie voglie, più che sguardi di aperta compassione non ottengo; nel secondo caso, il Kentucky Fried Chicken, da noi, non c'è.
Ma siccome l' audace arte dell'arrangiarsi spesso premia più della fortuna, non solo sono riuscita a trovare una ricetta quanto più possibile vicina all'originale, ma- udite udite- ho trovato pure la versione al forno: che, tradotta nei termini che uso oggi, quando ancora il mio metabolismo non mi aveva abbandonato per sempre, significa meno grassi, meno calorie e meno sensi di colpa. Il che non attenua per nulla il rimpianto per il tempo che fu, ma almeno ci aiuta a sopportatlo un po' meglio....

KENTUCKY (OVEN) CHICKEN

kentuky oven chicken

Ingredienti
un pollo tagliato a pezzi
Marinatura
1 cucchiaio di zucchero di canna
2 spicchi d'aglio ( ne ho messo mezzo- e poi vi spiego perché)
3 cucchiai di aceto balsamico ( ne ho messi due)
3 cucchiai di olio
il succo di 1 lime
il succo di mezzo limone (ho aggiunto anche un po' di scorza grattugiata)
1 cucchiaio di olio di sesamo ( si può omettere)
1/4 di cucchiaio di "garlic chili sauce" ( da me sostituita con aglio e peperoncino forte, entrambi in polvere- e questo è il motivo per cui ho messo solo mezzo spicchio d'aglio)
Copertura
250 g di farina
1 cucchiaio di zucchero di canna
un misto di spezie- paprika forte, curry, aglio, chili, cipolla, tutto in polvere (il chili potete sostituirlo col peperoncino; di nuovo, ho omesso l'aglio). All'incirca un cucchiaino colmo.
Olio d'oliva per la teglia
In entrambi i casi, sia nella marinata che nella panatura, ho aggiunto sale

La ricetta originate prevede una prima marinatura di un'ora. Io, invece, ce l'ho lasciato ben di più, coperto con un foglio di pellicola: tre ore almeno
Dopodichè, si procedere con una prima panatura, passando i pezzi di pollo direttamente dalla marinata al composto di farina. Scolateli leggermente, magari, ma non asciugateli in nessun modo. Togliete la farina in eccesso e rimettete il pollo a marinare per una mezz'oretta, dopodichè, procedete con la seconda panatura
Ungete d'olio una teglia, disponetevi i pezzi di pollo e spruzzateli con un po' d'olio ancora. Infornate a 200 gradi per un'ora.
Non occorre rigirare i pezzi, perché altrimenti rischiate che la panatura vi si stacchi: lasciateli stare lì e quando manca un quarto d'ora alla fine, controllateli. Devono essere dorati ed iniziare a brunire leggermente, come quelli che vedete nella foto.
E sicome il lupo perde il pelo etc etc etc, la "morte loro" è la ketchup.
Buon Appetito
Alessandra

English Version

KENTUCKY OVEN CHICKEN

kentuky oven chicken




martedì 16 febbraio 2010

grissini alle olive di knam e sabato sera da me!




grissini alle olive


La Grande Giuria del Festival di Sanremo
Regolamento

La Grande Giuria del Festival di Sanremo si compone, come ogni anno di un numero di membri variabile fra i 12 e i 18, rigorosamente scelti fra quanti si siano segnalati nel corso degli anni per il possesso, in somma misura, dei seguenti requisiti:

1. aver dato prova di enorme resistenza fisica psichica e, buon ultima, uditiva: valgono, per esempio, matrimoni o convivenze di lunga durata, figli insonni o musicisti, vicini che ancora non vi salutano apostrofandovi come "signor Olindo" et similia

2. frequentare regolarmente un parrucchiere o uno studio medico fornito delle ultime copie dei Sacri Testi- Chi, Novella 2000 e Vanity Fair su tutti. Per contro, non verranno accettate come indicazioni bibliografiche nè i poster a grandezza naturale di Dita Von Teese come mamma l'ha fatta e neppure le lastre che hanno diagnosticato la pubalgia di Cassano

3. avere un animo incorrotto, incorruttibile e puro: se credete che Nino d'Angelo sia un biondo naturale che si fa la riga col lucido da scarpe o che Pupo sia il nome d'arte di Cicciobello quando va a Sanremo o ancora che il silicone serva solo all'idraulico o all'elettricista, la poltrona di giurato è quella che fa per voi

4. perseverare da anni nell'amicizia con la sottoscritta, nonostante l'infinita serie di figure di m... a cui siete sottoposti, da altrettanti anni

Ogni Giurato dovrà essere provvisto di una personale paletta, recante i numeri dallo 0 al 10. Detta paletta dovrà essere frutto della fantasia creatrice di ogni giurato e non potrà essere ceduta ad altri per tutta la durata della votazione. Ferma restando la libertà del genio inventivo del giurato, quest'anno non saranno più ammesse le seguenti palette
1. la paletta usata del cane- e non me ne frega niente se l'avete lavata col viakal o se "intanto, è tutta roba di Zorro". ho detto di no e basta
2. la paletta con il numero 6 seguito da vari epiteti, da "bona" in su, che, nonostante le sempre più accurate perquisizioni all'ingresso e i sempre più inverecondi spergiuri, spunta sempre fuori all'apparizione di un qualsiasi esemplare femminile, dalla 4a misura in su.
3. la paletta della rumenta. L'anno scorso, avevo scritto "a meno che non sia munita di regolare etichetta". Siccome qualche spiritoso ha presentato una paletta con regolare etichetta manifestamente già adibita ai normali usi, da quest'anno le squalifichiamo tutte- e pazienza se erano le più comode, le più economiche e le più variegate.
4. per quest'anno, gli striscioni sono ammessi. Ma solo perché non c'è Pippo Baudo- il che mette al riparo la Giuria da ignobili cartelli inneggianti al presentatore, chiamato per questo con l'accrescitivo del suo nome, o alla di lui moglie, sbrigativamente denominata col femminile del patroninico. Al proposito, GUAI al primo dei giurati che svelerà il vero nome ( e cognome) di Arisa.

Per ogni brano eseguito si votano, singolarmente, CANZONE, LOOK, INTERPRETAZIONE. Il conteggio dei voti verrà fatto dalle vallette, sempre scelte fra le amiche intime della scrivente, e sempre adeguatamente vestite. Intendo dire che le piume sulla testa o il boa o ve li mettete entro le 24 di stasera o altrimenti la lasciate a casa.

Non si accettano scommesse, nè contestazioni di alcun genere: a questo proposito, i giurati sono pregati di non approfittare del fatto che, causa trasloco, l'ameno notaio del piano di sopra non ci sia più, perché sennò finisce che lo invito.

Infine, come da tradizione, anche i nomi dei membri della Grande Giuria del Festival di Sanremo sono segreti: a non farli sapere prima, ci pensa l'Organizzazione. A non farli sapere dopo, invece, ci pensano gli stessi giurati- e non ho ancora capito perché...

GRISSINI DI FOCCACIA ALLE OLIVE
(E. Knam)

DSC_8919

600 gi di farina
30 g di lievito di birra
250 g di acqua tiepida
13 g di sale
60 g di olio
200 g di olive verdi snocciolate
(aggiunta mia: sale grosso)


Far sciogliere il lievito nell'acqua tiepida e lasciar riposare a recipiente coperto per un quarto d'ora circa. Unirlo alla farina e impastare bene fino ad ottenere un composto liscio che farete riposare fino al raddoppio. Reimpastare, far riposare ancora una mezz'ora e poi unire all'impasto le olive tritate, l'olio e il sale. Se l'impasto dovesse risultare troppo molliccio, aggiungete un po' di farina, per lavorarlo meglio. Dividere l'impasto in tante piccole porzioni, dare la forma di grissini (sottilissimi: i miei erano solo sottili e dopo la cottura, sono cresciuti troppo). Disporli su una teglia rivestita di carta da dorno, far lievitare ancora 20 minuti , spennellarli con un cucchiaio d'olio e cospargerli di sale grosso. In forno a 220 gradi per 20 minuti
Buon Appetito
Alessandra







DEL FUROR D'AVER LIBRI

 Febbraio 2010

Libri comprati
Carofiglio, G. Le perfezioni provvisorie
Lackberg, C., La principessa di ghiaccio
Gimenez- Bartlett, Tre indagini di Pedra Delicado
Glauser, F. Il Tè delle Vecchie signore
Hickman, K. Il giardino delle favorite
Bryson, B. Breve storia di (quasi) tutto

Libri letti, con rece

Carofiglio, G. Le perfezioni provvisorie
Dennis,P.
Zia Mame
Kinsella, S. La ragazza fantasma
Bryson, B.
Una passeggiata nei boschi Vargas,
F.
Scorre la Senna
Sjowall- Wallhoo:
Roseanna

Libri letti, senza rece
Hakan Nesser La rete a maglie larghe (bello)

Abbandonato
Elmore Leonard Su nella stanza di Honey (illeggibile)



Da quando sono tornata a pubblicare le recensioni con un po' più di precisione, in molti mi avete chiesto un sacco di cose sui libri e sulla lettura. A qualcuno ho risposto in privato, ma siccome siete in tanti e non riesco a smaltire la posta, raggruppo tutto qui di seguito, sperando di non dimenticarmi niente

Posso consigliarti un libro?
I consigli di lettura sono graditissimi. Ne stanno arrivando molti via e mail e vi assicuro che, un po' per volta,acquisto e smaltisco. L'unica cosa su cui però mi è difficile scendere a patti è la sincerità delle recensioni. Ci ho pensato un po' su e alla fine ho deciso che il metro di un giudizio sincero sia da applicare anche a titoli che mi sono stati consigliati nella certezza di farmi un favore.
Questo, sia chiaro, me lo fate, eccome, non fosse altro per il segno di amicizia che mi dimostrate. E, nello stesso spirito di amicizia, vi dico se mi è piaciuto o no- esattamente come vorrei che voi mi diceste che Zia Mame vi ha fatto schifo e che Le Ceneri di Angela sono una palla mortale, senza che questo comprometta in alcun modo la serenità che si respira qua dentro.

Anzi, tanto per non smentire quello che ho appena detto, ecco la lista dei libri che mi avete suggerito di leggere o indicato come da leggere

1. Il giardino delle favorite ( comprato e in lettura)
2. La scuola degli ingredienti segreti (letto)

3. La rivolta di Atlantide (prox lista)
4. La biblioteca dei morti (prox lista)

5. I love shopping per il baby (libreria della creatura, temo con copertina consunta)

6. Una notte a Bari (prox lista)

I prossimi consigli- via blog , via FB o via nius- non possono che essere i benvenuti


Ma quanto leggi? Ma come fai? Ma come facciamo a starti dietro?
Questa è la nuova tranche di domande di senso che accompagnano i commenti alle pagine che parlano di libri, un po' come era successo per la cucina: in quel caso, rispondere era stato più semplice, perché l'aggiornamento quotidiano del blog è dovuto alle 4 mani che lo scrivono: tre piatti alla settimana che, moltiplicati per due, fanno sei ed ecco svelato l'arcano. Poi, come avevo detto a suo tempo, io cucino per davvero solo nel fine settimana. Per cui fra due colazioni, due pranzi e due cene, tre o quattro cose degne di MT riusciamo a tirarle fuori.

Invece, per quanto riguarda i libri, la cosa è diversa, perché io leggo SEMPRE e DA SEMPRE. Non guardo la tele, non pranzo con le colleghe, se ho un'ora di tempo la dedico alla lettura. Leggo ai semafori, in coda alla posta, due o tre volte anche in ascensore, quando mancano tre pagine e non vedo l'ora di arrivare in fondo. In più, leggo velocemente ma, soprattutto, leggo solo libri che mi piacciono. Finita la schiavitù del liceo e dell'università, sono finalmente libera di abbandonare alla terza pagina le storie che non mi convincono, facendo della lettura un puro piacere, nell'accezione più vera del termine. E, si sa, quando le cose piacciono, son lievi.


Ma com'è che sei diventata buona?
Bella domanda. Secondo me, sono sempre severa. E' che mi son capitati un po' di libri belli e ho criticato di conseguenza. Nella spesa di gennaio, però, mi sono presa un bidone solenne, ovviamente dall'ultimo osannato di turno: datemi qualche giorno e vedrete- vedremo- se mi sono addolcita o no.

Solo best seller?
Nì. Mi faccio tentare e li compro e il più delle volte non mi piacciono. Accanto a questi, però, ne leggo altri, di nicchia, di genere o, semplicemente, meno fortunati di altri. Qui, finora, ho parlato solo dei più famosi, ma se vi fa piacere, possiamo farci due chiacchiere su tutti. Per inciso, il prossimo libro non rienta in questa categoria: è solo un gran bel romanzo e mi dispiacerebbe che passasse inosservato, almeno qui fra noi

Niente cinema?
Niente. Ignoranza abissale. Vale anche per il teatro, per la danza, per la musica classica che pure è il pane di mio marito e di mia figlia. Fatevene una ragione :-)

Buona lettura
ale

lunedì 15 febbraio 2010

cornetti al caffè con dedica

di Alessandra
English Version Below

Questa ricetta partecipa al contest sulle ricette al caffè, a sostegno di Chef sans Frontières. Sul blog di Elga trovate il bando di concorso e tutte le informazioni per parteciparvi e per sostenere questa iniziativa. Da parte nostra, invece, solo un sincero grazie agli organizzatori di questa iniziativa che, oltre al sostegno per progetti tanto necessari quanto importanti, ha il grande merito di saper trasformare le nostre ricette in un piccolo ma concreto aiuto a chi soffre.

cornetti al caffè


Domenica, 14 febbraio

Juventus 3- Genoa 2

... e il modo ancor m'offende...



P.S. A dire il vero, la prima citazione dotta che mi era venuta in mente, era tratta du un libretto delizioso, che penso non sia più in circolazione, di un tale Vittorio Metz, intitolato "Il Romanzo dei Romanzi". I protagonisti erano tutti i personaggi celebri della storia della letteratura, sbalzati all'improvviso nel mondo moderno. L'azione ruotava intorno a Werther, i cui "dolori", però, erano prosaicamente diventati una lombosciatalgia, e le comparse erano via via tutti i vari personaggi.le cui caratteristiche letterarie, sbalzate nel mondo moderno, davano origine ad una serie di fraintendimenti e di equivoci a dir poco esilaranti. Siccome son passati secoli dall'ultima volta che l'ho letto, ne ricordo solo due, legati alle scene dove avevo riso di più: uno era l'Innominato, che ogni volta che qualcuno taceva, interveniva dicendo "mi avete chiamato?"; l'altro era tal Petronio Arbitro, che capitato casualmente allo stadio durante una partita di calcio, finiva per attaccar briga con i vicini perché, a suo dire, gli davano del cornuto...

Io, invece, a conferma della fama di donna imperturbabile, diplomatica e straordinariamente dotata di calma olimpica e di obiettività, cito la Pia e, altrettanto pietosamente, offro all'arbitro e ai guardalinee della partita di ieri questi dolcetti al caffè, da sempre simbolo del buon risveglio, della buona dieta, della buona colazione. E pazienza se, altrove, li chiamiamo brioches...


CORNETTI AL CAFFE'

(per tutti i gusti)

cornetti al caffè

Il punto di forza di questa ricetta è che la pasta base è neutra e quindi i cornetti possono essere sia dolci che salati, a seconda del ripieno ( o anche del non ripieno) con cui si farciscono. Nella versione dolce, questo è indispensabile: io trovo perfetto il cioccolato, meglio se la nutella, oppure, se avete intorno dei palati raffinati, un cucchiaino di marmellata di limone. Per il salato, invece, o direttamente nel cestino del pane, oppure con del patè di selvaggina o di foie gras, come farcitura. Il top è l'accompagnamento con un "cappuccino" di petto d'anatra o di foie gras- che vi posto appena trovo la ricetta.
Comunque, le dosi sono queste

500 g di farina (250 manitoba, 250 00)
250 g di latte
50 g di burro
30 g di zucchero
un pizzico di sale
25 g di lievito di birra
un misurino di caffè

Far sciogliere il lievito in 100 ml di latte tiepido ed un cucchiaio di zucchero. Coprire e lasciar riposare per una quindicina di minuti. Versare tutta la farina nell'impastatrice, aggiungervi il lievito e altri 100 ml di latte. Iniziate ad impastare, verificando al momento se sia il caso di aggiungere altro latte o no: se sì, aggiungetelo poco per volta. L'impasto deve rimanere liscio e morbidissimo. Unite poi il burro tagliato a pezzetti e il sale e continuate ad impastare, fino a quando il tutto sarà bene amalgamato. Infine, aggiungete il caffè e impastate di nuovo, fino a che l'impasto prenderà un colore marrone.
Fate lievitare in luogo caldo fino al raddoppio, poi abbattete l'impasto e stendetelo sulla spianatoia in un rettangolo. Vi dico subito che io, di rettangoli, ne ho fatti due, perché è importante che la sfoglia sia piuttosto sottile, visto che dovrà lievitare ulteriormente.
Con una rotella, tagliare dei triangoli lunghi e stretti. Non fatevi tentare da forme più eleganti, perché sennò non si arrotolano bene: mantenete la base stretta e allungate il più possibile i lati.
A questo punto, farcite il cornetto, mettendo mezzo cucchiaino di ripieno al centro della parte inferiore del triangolo

cornetti al caffè

Una volta formati i cornetti, metteteli su una teglia ricoperta di carta da forno e lasciateli lievitare per 20 minuti circa. Non ho spennellato con l'uovo,perché in questa ricetta li preferisco più "ruvidi"
In forno a 180 gradi per 25 minuti .
Reggono bene la surgelazione e riprendono profumo e morbidezza se passati in forno caldo ma spento per 5-10 min
Buon Appetito
alessandra


sabato 13 febbraio 2010

CAKE DI PATATE AL CIOCCOLATO SPEZIATO


cioccop


Dopo la visione ( in tutti i sensi) di Darcy/Colin Firth in Orgoglio e Pregiudizio, e dopo gli amarcord di questo post qua vi cominico che la ormai fossilizzata classifica degli uomini della mia vita ha subìto una epocale modifica, per cui da questo "prima"

1. Atticus Finch (Il Buio oltre la Siepe)
2. Archie Goodwin ( tutto Nero Wolfe)
3. Darcy ( Orgoglio e Pregiudizio)


si è drasticamente arrivati a questo "poi"

1. Atticus Finch (Il Buio oltre la Siepe)
2. Darcy ( Orgoglio e Pregiudizio)
3. Archie Goodwin a parimerito con Massimo ( Fanali Gialli)


E visto che all'orizzonte non vedo proci degni di questo nome, mi sa che la lasciamo così ancora per un bel po'. A meno che non abbiate dei suggerimenti....

CAKE DI PATATE AL CIOCCOLATO SPEZIATO

cake ciocco patate

Grande, grande, grandissima torta della nonna di mio marito, che ci riporta ai tempo in cui con poche parole, pochi ingredienti, molta umiltà e nessun palcoscenico si creavano dei veri capolavori*
Questa versione risente del contributo del numero di febbraio 2009 di CI, dove una delle ospiti in redazione la riproponeva pari pari, ma con la glassa al cioccolato e una nota speziata.
Di mio, c'ho messo lo stampo da mini cake, che, come ben sapete, è quello che fa la differenza

* lungi da voi il sospetto di una nota polemica, da parte mia: c'è- e basta, senza bisogno di far tante elucubrazioni....

Per la torta ( versione della nonna)
200 g di zucchero
1 patata grossa (150 g circa)
1 tavoletta di cioccolato fondente
50 g di burro
un uovo
150 g di farina
1/2 bustina di lievito
farina e burro per lo stampo

Versione speziata
200 g di zucchero
150 g di patate
70 g di cioccolato fondente al 72%
60 g di burro salato
150 g di farina
un'arancia biologica
8 g. lievito in polvere per dolci
farina e burro per lo stampo

Versione mia
200 g di zucchero
1 patata
100 g di cioccolato fondente ( 50 g al 50%; 50 g al 70%)
scorza grattugiata di un'arancia
mezzo bicchierino di cointreau
60 g di burro salato
120 g di farina
30 g di fecola
1/2 bustina di lievito

Procedimento (vi metto solo il mio, che facciam prima)
Far lessarela patata con la buccia, in acqua non salata. Aggiungere il sale pochi minuti prima della fine della cottura.
Nel frattempo, sciogliere a bagnomaria il cioccolato con il burro
Mettere la patata in acqua fredda, meglio se con del ghiaccio, sbucciarla e schiacciarla bene. Amalgamarla al cioccolato e al burro fuso, fino a formare un composto morbidissimo. A quel punto, aggiungere l'uovo, la scorza grattugiata dell'arancio e le farine setacciate insieme al lievito. Mescolare bene e, in ultimo, aggiungere il Cointreau.
Stampo da 22 cm imburrato e infarinato, a 170 gradi per una ventina di minuti. Fate la prova stecchino, considerando che comunque l'interno è molto morbido

Nella versione della nonna, c'era solo lo zucchero a velo. Nella ricetta di CI c'è una glassa speziata che ho seguito abbastanza alla lettera

100 g di zucchero a velo
50 g di cioccolato fondente tritato al 75% (io al 70%)
12 g di rum ( ah ah: mi ci vedete, a pesare 12 ml??? mezzo tappo)
cannella in stecca (in polvere, la punta di un cucchiaino)
pepe in grani (no: meno della punta di un cucchiaino di pepe BIANCO: col cioccolato fondente, è la morte sua)
chiodi di garofano (NO: in così poche spezie, sovrastano)
gelatina di albicocche (NO: in teoria, si sarebbe dovuta spennellare la torta con la gelatina calda, prima di versar sopra la glassa. Trattandosi di trovata troppo innovativa per i miei gusti ;-) ho lasciato perdere)
invece, ho aggiunto un pizzico di cardamomo

Ho fatto sciogliere il cioccolato a bagno maria, ho aggiunto lo zucchero a velo e il rum, goccia a goccia. Dopodichè, ho diluito con due cucchiai di acqua bollente. Non preoccupatevi se vi si raggruma: a parte che se l'acqua è bollente non dovrebbe capitare, basta aggiungere ancora un cucchiaio d'acqua per avere una glassa morbida. Alla fine, unire le spezie, mescolare e versare sulla torta.


English Version

SPICY CHOCOLATE AND POTATOES CAKE

cioccop





domenica 7 febbraio 2010

Smoked Salmon cheese cake

DSC_8966 a jpg
Ricetta veloce, recuperata dagli archivi della nius letter, con foto e stile da nius- e solo per il semplice motivo che questa settimana non ho cucinato per niente. E quando dico per niente, prendetelo alla lettera, perché se ho acceso il fornello è stato solo per mettere su il tè. Tutto perché il marito è via da domenica scorsa e io e la creatura ci siamo fatte "una settimana da donne", provando tutti i sushi restaurant di Genova, pranzando a cavolini con panna e cioccolate calde e stringendo una calda e profonda amicizia con la ragazza delle pizze a domicilio, a cui va l'immenso pregio di aver provveduto al rifornimento quotidiano di pizza&coca senza chiedere nulla. Ci siamo viste tutte le puntate di C.S.I., un po' di repliche del dottor House, ci siamo vestite in total bleek o in total braun e abbiamo convenuto che Anthony Bourdain è lo chef più figo del mondo. Abbiamo letto caterve di libri, siamo andate dal parrucchiere e dall'estetista e- udite udite- ho pure recuperato l'arretrato, sia dell'ufficio che della stireria, senza contare la micra (ancora) bella pulita. Ho una casa profumata, perfettamente in ordine, i cassetti tutti a posto e il piano della scrivania libero. In più, sono ancora in pigiama, con le ciabatte ai piedi e il cappuccino della nestlè in una mano, mentre con l'altra scrivo, senza che nessuno porti rogna ribadendo che non si fa così.
E questo, fino a stasera, alle 19.59. Perchè alle 20.00 atterra l'aereo e, in contemporanea, si accenderanno i fornelli, si riempiranno le lavatrici, si cercherà affannate un cm di spazio nello studio, mentre la creatura inizierà a rugnare e io a urlare come un'isterica. Però, da domani, avrete di nuovo ricette "serie" e foto infinitamente più belle di queste qui.
A conferma dell'antica saggezza popolare, che vuole che non tutti i mali etc etc...

Sophie Kinsella- La Ragazza fantasma


Premessa n. 1: quando ero al liceo, ero molto, ma molto, ma molto brava in italiano scritto. E lo sono stata fino a quando ho commesso l'ingenuità di dire al professore che magnificava le mie letture, sostendendo che era grazie a Dostojevski e a Manzoni che sapevo scrivere così bene, che io dovevo tutto a Brunella Gasperini. Ovvio che lui non sapesse neppure chi fosse. E altrettanto ovvio che, da lì in poi, la mia fama di futura scrittrice abbia subito un duro colpo, almeno fino a quando mi sono rassegnata ad adattarmi allo stile asciutto e rigoroso che tanto gli piaceva, sacrificando la gioia di scrivere ad un nove in pagella.
Quando era alle medie, mia figlia era molto, ma molto, ma molto brava in italiano scritto. E ora che è al ginnasio, lo è rimasta: e sapete perché? Perchè, visto il ripetersi della situazione di cui sopra con la sua insegnante della scuola dell'obbligo, le ho tassativamente proibito di rivelare alla nuova professoressa che se sa scrivere così bene, buona parte di merito è di Sophie Kinsella.

Premessa n. 2 (dedicata a Silvia M.): la Kinsella originale ha uno stile assolutamente piatto. Riesce lo stesso a far ridere, ma senza mai andare oltre una desolante e disarmante superficie. Se nelle versioni italiane ha invece una prosa spumeggiante e felice, questo è interamente merito del suo traduttore, che riesce a supportare la perfetta padronanza dei tempi comici della scrittrice con un linguaggio variegato e sempre puntuale, rendendo oltremodo decoroso ciò che invece in inglese non è. Chapeau.

Tutto ciò premesso, "la ragazza fantasma" è un altro prodotto "Kinsella Style," ma con qualcosina di più. Stavolta, a mettere in moto l'azione è la ultracentenaria prozia della protagonista che, nel corso del suo funerale, si manifesta sottoforma di un fantasma di vent'anni- che poi è l'età che l'arzilla vecchietta sentiva di avere, nonostante il passare del tempo. La ragione per cui non riposa in pace è lo smarrimento di una collana a lei cara, che da questo momento in poi diventerà il fulcro di tutta la storia, fino allo scontato finale.
Se avete già letto qualcosa di questa scrittrice, non esiterete a riconoscerne i consueti meccanismi su cui si basa la trama: la protagonista giovane e inguaiata, l'amore fortunoso prima e fortunato poi per il solito principe azzurro dei nostri tempi e l'inghippo più o meno grave da risolvere, che fa da ossatura all'intero plot. Il tutto, come sempre, condito da una serie di avventure sempre al limite dell'assurdo, rese godibilissime dalla perfetta gestione dei tempi narrativi e comici, che resta il pregio maggiore di questa scrittrice, almeno da quando si firma Kinsella.
L'elemento di novità è dato proprio dalla "ragazza fantasma" che, nell'edizione italiana, dà il titolo al libro e che, della traduzione italiana, è l'unica nota stonata: l'originale, Twenties Girl, la ragazza degli Anni '20, rende con maggior precisione ed immediatezza la peculiarità della co-protagonista del libro: il fantasma di Sadie, infatti, si esprime, si comporta e si veste alla moda di quegli anni, che furono poi quelli che l'aveva vista al massimo della vivacità e della gioia di vivere e che sono lo scenario che di continuo cerca di sovrapporsi a quello contemporaneo della pronipote Lara. A mano a mano che la storia procede, si sviluppa anche il rapporto fra le due donne, in uno schema assolutamente prevedibile, come si diceva, ma che per la prima volta oltrepassa la superficialità tipica dei personaggi della Kinsella e si arricchisce di una nota più intima e calda.
Insomma, per farla breve: i capolavori non abitano qui, ma la Kinsella non fa nulla, ma proprio nulla per manipolare il pubblico, anzi: proprio in nome di questa onestà, tratta la sua materia con ironia, leggerezza, disinvoltura e, soprattutto, mantiene le promesse. Nessun arrovellarsi sui perchè della vita, nessuno strazio per i destini del mondo, nessuna polemica, nessuna diatriba, nessun complotto: solo due ore di divertimento e di rilassatezza, per giunta confezionate con stile. Per chi legge- e chi vive- a colori
Alessandra


S. Kinsella, La Ragazza Fantasma, Mondadori, 19,50 euro